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Ave atque vale

25 marzo 2009 | IV A linguistico 2008

 Aubrey Beardsley, Ave atque vale

Ci avviciniamo al carme 101 di Catullo con l’"analisi contrastiva" di otto traduzioni, e sperimentando una nostra "traduzione mediata".

Vale l’impostazione che abbiamo dato al lavoro in V A:

  1. Si propone un testo di rilevante valore artistico, accompagnato da almeno quattro traduzioni d’autore, anche di epoche diverse, anche con proposte straniere
  2. Si legge il testo latino e le traduzioni offerte, con una prima lettura complessiva
  3. Si segmenta il testo latino, raffrontando le diverse proposte di traduzione, per selezionare e scartare di volta in volta le loro proposte
  4. Si arriva a una prima traduzione mediata, sulla scorta, cioè, dei punti in cui le diverse traduzioni si mostrano più adeguate
  5. Da questa falsariga, si arriva a una traduzione autonoma
  6. È possibile accompagnare la traduzione con un commento che chiarisca e giustifichi le proprie soluzioni e dia una valutazione sul grado di adeguatezza e personalizzazione delle “traduzioni ufficiali”.

*     *     *

Nell’immagine: Ave atque vale (s.d.), di Aubrey Beardsley (1872-1898), che ci ha lasciato anche questa traduzione del carme 101 (pubblicata per la prima volta sul numero 7 di  "The Savoy", poi in In Black and White. The Literary Remains of Audrey Beardsley, 1898):

By ways remote and distant waters sped,
Brother, to thy sad grave-side am I come,
That I may give the last gifts to the dead,
And vainly parley with thine ashes dumb:
Since she who now bestows and now denies
Hath taken thee, hapless brother, from mine eyes.
But lo! these gifts, the heirlooms of past years,
Are made sad things to grace thy coffin shell,
Take them, all drenchèd with a brother’s tears,
And, brother, for all time, hail and farewell!

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