Il male minore < » “Cogli l’attimo”?

“Cogli l’attimo”?

12 febbraio 2009 | V A linguistico 2008

Ho scritto 'carpe diem' sulla sabbia...

Già l’anno scorso abbiamo fatto qualche esperimento di "analisi contrastiva di traduzioni". Ora cercheremo di procedere in modo più sistematico: l’occasione ci viene dal celebre carpe diem di Orazio (Carmina I, 11), un testo su cui questo tipo di lavoro è stato già ben sperimentato da altri.

Ecco anzitutto i materiali su cui vi propongo di lavorare:

  1. il testo dell’ode oraziana accompagnato da cinque traduzioni in italiano (qui ne sono raccolte molte altre);
  2. altre quattro traduzioni dell’ode in tedesco, inglese, francese e spagnolo;
  3. Semantica del carpe diem, adattamento di un celebre articolo di Alfonso Traina, che sarà utilissimo per lavorare su un’espressione tanto celebre che "corre il rischio di non essere più intesa nella novità e autenticità dei suoi valori semantici";
  4. una veloce scheda (di cui a dire il vero non ricordo la fonte) sul metro dell’ode, per chi volesse cimentarsi… 

"Procedere in modo più sistematico", dicevo. Ecco dunque il nostro protocollo di lavoro, basato su una proposta di Antonio Portolano, che schematizzo con le parole di Antonia Piva:

  1. Si propone un testo di rilevante valore artistico, accompagnato da almeno quattro traduzioni d’autore, anche di epoche diverse, anche con proposte straniere

  2. Si legge il testo latino e le traduzioni offerte, con una prima lettura complessiva

  3. Si segmenta il testo latino, raffrontando le diverse proposte di traduzione, per selezionare e scartare di volta in volta le loro proposte

  4. Si arriva a una prima traduzione mediata, sulla scorta, cioè, dei punti in cui le diverse traduzioni si mostrano più adeguate

  5. Da questa falsariga, si arriva a una traduzione autonoma

  6. È possibile accompagnare la traduzione con un commento che chiarisca e giustifichi le proprie soluzioni e dia una valutazione sul grado di adeguatezza e personalizzazione delle “traduzioni ufficiali”.

  7. È possibile offrire allo studente delle domande-guida per sviluppare la scheda di cui al punto 6.

Prima di iniziare, tuttavia, abbiamo sentito il bisogno di una riflessione generale sull’annoso problema della "fedeltà" nel tradurre, e su cosa vuol dire "tradurre fedelmente" un testo poetico. Alessia ha osservato che qualunque atto traduttivo frappone un filtro tra il lettore e il testo di partenza, che questo filtro va storicizzato, e che qualunque traduzione è sempre altro. Ne è nata una discussione vivissima che ci ha condotti a tentare un piccolo esperimento: la traduzione… in inglese di questi versi:

Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscio che fan le foglie

(Gabriele D’Annunzio, La sera fiesolana)

Grazie al fondamentale aiuto di Marta A. e di Giorgia, abbiamo visto subito che una traduzione "letterale" riusciva a conservare la sinestesia ("fresh … words" o qualcosa del genere), ma non l’allitterazione onomatopeica ("the rustle that leaves make" o più semplicemente, come suggeriva Stefania, "the rustle of leaves"). Ci siamo resi conto che una traduzione "fedele" non avrebbe mai potuto rinunciare a rendere quell’allitterazione – e che tentativi come "the flying of leaves", pur perdendo l’effetto onomatopeico (le foglie che cadono non fanno ffff… come le foglie secche calpestate), riuscivano a conservare l’allusione "autunnale" che ci si è improvvisamente manifestata nel testo originale (Alessia). E allora una soluzione liberissima come "the fall of leaves" (Daniele) – con la polisemia di fall – si è rivelata la più fedele.

Siamo poi passati ad analoghi "giochi" preliminari sul valore semantico del carpere oraziano. Per iniziare ci è bastato riflettere sulla traduzione corrente e un po’ banale, "cogli l’attimo". Dal brainstorming sono emerse riflessioni significative: quel "cogliere" è un generico "prendere" (Stefania)? O un "afferrare (per non far scappar via)" (Daniele)? Un "cogliere il frutto al momento giusto (prima che sia troppo maturo)" (Carla)? Parlando di margherite e carciofi (Federica P.) ci è venuto in mente il verbo "spiccare" (Stefania), che Eliana ha ricondotto al suo valore etimologico di "mangiare un frutto spicchio a spicchio".

Per due volte, prima con D’Annunzio poi con Orazio, ci siamo resi conto che tradurre non è affatto un atto "meccanico" né tantomeno semplice, ma che tanta fatica ci premiava: i nostri tentativi ci hanno spinto con prepotenza a scoprire qualcosa di nuovo che era già lì. Mi sono venute in mente proprio le parole di George Steiner:

inevitabilmente persino il miglior traduttore sarà anche un traditore, come afferma il vecchio gioco di parole. Avrà impoverito oppure gonfiato, abbellito il testo originale; avrà scelto opzioni limitative. Il compenso offerto da un atto di traduzione veramente ispirato – e sono molto rari – è qualcosa di nuovo che era già lì. La poesia in particolare ha potenzialità così numerose di significato e di suggerimento attraverso il tempo, è così resistente a ogni dissezione o parafrasi totale da contenere, in uno stato sia latente che attivo, energie che il traduttore può risvegliare, far scaturire o interagire in modo più chiaro.

(George Steiner – cito di seconda mano, ma dovrebbe essere Dopo Babele. Aspetti del linguaggio e della traduzione, Garzanti, Milano, 2004, p. 123)

Direi che il lavoro introduttivo ha dato i suoi frutti. Chi volesse approfondire può partire da Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Bompiani, Milano, 2003.

Tag:, , , ,

Commenti

Commento da Alessia
Data: 6 marzo 2009, 22:29

nonostante il ritardo mi sono messa a fare l’esercitazione.. Ho una domanda. quale scelta ti sembra più felice quale meno?.. in che senso felice?… il giorno che avete corretto in classe questa domanda mancavo.

Commento da pm
Data: 6 marzo 2009, 22:58

Ho spostato il commento (era un po’… fuori posto!).
Anche questa mattina abbiamo discusso del senso di espressioni come “felice”, “fedele”, “espressiva”.
Mi pareva che ci fossi 😉
Senza dilungarmi, ti propongo una definizione di felice (nel senso che ci interessa) dal Devoto-Oli: “pienamente opportuno e indovinato”.

Pingback da Ist. Lussu – A.S. 2008/2009 – Ragione e intelletto « Più formaggio, più vermi…
Data: 31 marzo 2009, 19:42

[…] Tanto per confermare il vecchio adagio “traduttore-traditore“? (A questo punto è d’obbligo passare dalle parti del blog di Paolo, Il male minore). […]

Scrivi un commento