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Pause

3 marzo 2009 | I A linguistico 2008

Abbiamo dunque deciso di realizzare il necessario "recupero" in forma di "pausa didattica". Vi ho proposto una forma di cooperative learning ("apprendimento cooperativo"), affiancando un "tutor" ai compagni e alle compagne che ne avevano più bisogno.

Ci impegneremo in questa attività nelle prime due settimane di marzo. Ecco le istruzioni per l’uso che ciascun "tutor" leggerà insieme al suo "partner". Ed ecco la scheda per la relazione finale che ciascun tutor dovrà compilare. Ma non formalizziamoci troppo su questa distinzione tra "tutor" e "partner". Non ci sono "buoni" e "cattivi": come abbiamo visto ieri, i due ruoli sono intercambiabili e tutti abbiamo qualcosa da imparare dagli altri. Anch’io: dum doceo, disco.

Ringrazio Antonello F. per avermi stimolato ad adottare questa forma di recupero, che sin dal primo giorno si è rivelata molto produttiva per chi aveva bisogno di un "fermo biologico" e molto stimolante per i "tutor" in termini di metacognizione.

Sarò sincero: non vi ho mai visto così serie, impegnate e partecipi. Credo che la nostra "pausa didattica" ci aiuterà a migliorare anche le relazioni in classe.

Ringrazio tutte le alunne e tutti gli alunni della I A per la collaborazione: è stata una gioia vedere che anche l’ultima delle "irrecuperabili", affiancata da una compagna attenta e paziente, si è data da fare e ha recuperato in due ore mesi di lavoro. Complimenti. E speriamo che tutto continui bene: quando il cooperative learning funziona, funziona davvero.

A questo proposito mi piacciono e mi guidano le parole di  Antonia Piva, che cito con bruschi tagli:

La metodologia o, meglio, la filosofia di fondo dell’apprendimento cooperativo rientra nei metodi a mediazione sociale: le risorse sono costituite dagli studenti che, condividendo responsabilità e impegno, migliorano le relazioni sociali anche in funzione di un migliore livello di apprendimento. C’è una distinzione fondamentale tra il gruppo cooperativo e tutti gli altri gruppi, ed è la cosiddetta interdipendenza positiva, vale a dire l’obiettivo comune che lega tutti i membri del gruppo.
Perché un gruppo sia realmente cooperativo, non basta la condivisione dell’obiettivo e la ripartizione dei contributi; è importante che il compito sia complesso, con il carattere di una sfida. È proprio l’obiettivo sfidante, impossibile per il singolo studente, a rendere determinante l’aggregazione del gruppo, che percepirà il compito tanto più attraente e significativo quanto più problematizzato. Sono i problemi che presentano più soluzioni possibili, tali da creare dissonanza cognitiva col pensare comune, ad essere più efficaci per valorizzare l’apprendimento cooperativo.
Le tecniche cooperative sono poco presenti nell’apprendimento/insegnamento del latino, forse per l’equivoca idea che esso debba restare uno strumento di selezione scolastica e, dunque, di individualismo culturale. A ben guardare, invece, esse potrebbero offrire spunti didattici notevoli, sia a livello metacognitivo che motivazionale. […] [L’attività di tutorship] ha una straordinaria retroazione anche sui ragazzi più grandi: è noto, infatti, che non si comprende mai così bene un argomento o una tecnica come quando lo si deve spiegare. La possibilità di confrontarsi tra compagni rafforza dunque i processi di apprendimento, consolida il senso di responsabilità rispetto al compito insegnato, favorisce l’apertura positiva dei ragazzi, meno intimoriti a confessare dubbi e incertezze a chi ha già attraversato quelle stesse difficoltà.

(Antonia Piva, Il sistema latino. Ricerca didattica e formazione degli insegnanti, Armando, Roma, 2004, pp. 307-308)

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Chi curiosa da queste parti è invitato a non scandalizzarsi intuendo dal piano di recupero l’esigua quantità di "programma svolto"… si fa quel che si può.

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